Calco di canna, opera di Tiberio Gracco
Una fitta nebbia avanza su di noi, come un torrente sul punto di precipitarsi al suolo alle nostre spalle.
Lasciamo la strada – dico – mentre c’è ancora luce, per non cadere nel passaggio e rimanere schiacciati sotto i passi dei nostri compagni nell’oscurità.
C. Plinio Cecilio il Giovane, Epistole, VI
Pompei sorge su un altopiano di formazione vulcanica, sul versante meridionale del Vesuvio, a circa 30 metri sul livello del mare e a breve distanza dalla foce del fiume Sarno, in una posizione suggestiva, decantata in epoca romana anche da Seneca. La mancanza di sorgenti o corsi d’acqua sull’altopiano ne impedì il popolamento nei tempi più remoti, anche se nel corso dell’VIII secolo a.C. C. nella vicina valle del Sarno si erano formati alcuni insediamenti, come testimoniano numerose tombe a fossa.
La popolazione che fondò Pompei fu certamente osca, ma è dubbio se il nome stesso della città derivi dal greco o dall’osco.
La fortuna della città fu legata fin dall’inizio alla sua posizione sul mare, che la rese il porto dei centri dell’entroterra campano, in concorrenza con le città greche della costa. Naturalmente la Pompei osca non poteva sfuggire all’influenza greca, che si estendeva nel Golfo di Napoli fino alla penisola sorrentina, comprendendo anche le isole di Capri e Ischia. Tuttavia, l’egemonia greca sulla costa campana fu presto minacciata dall’avanzata prepotente di una nuova, formidabile potenza: quella degli Etruschi, che conquistarono anche Pompei; a quel periodo risalgono infatti il Tempio di Apollo e le Terme Stabiane.
Contemporaneamente, però, doveva iniziare una lenta ma inarrestabile discesa delle popolazioni sannitiche dalle zone montane, che conquistarono tutta la Campania, ad eccezione di Neapolis, nel corso del V secolo aC e unificandola sotto il loro dominio.
Pompei dovette subire notevoli trasformazioni urbane e architettoniche, nella realizzazione delle quali i Sanniti non poterono ignorare l’influenza greca. Infine, nel II secolo aC con il dominio di Roma sul Mediterraneo che facilitò la circolazione delle merci, la città conobbe un periodo di grande crescita economica, soprattutto attraverso la produzione e l’esportazione di vino e olio.
Questo stato di benessere si riflette in un notevole sviluppo dell’edilizia pubblica e privata: in questo periodo vengono edificati il Tempio di Giove e la Basilica nell’area del Foro, mentre a livello privato concorre una dimora signorile come la Casa del Fauno. grandezza e magnificenza. La situazione economica rimase florida per lungo tempo e vennero realizzati nuovi importanti edifici pubblici, come l’Anfiteatro e l’Odeon.
L’età imperiale si apre con l’ingresso a Pompei di nuove famiglie filoaugustee di cui l’Edificio di Eumachia e il Tempio della Fortuna Augusta sono un chiaro esempio. Nel 62 dC un disastroso terremoto causò gravi danni agli edifici della città; gli anni successivi furono spesi negli imponenti lavori di ristrutturazione, ancora in corso al momento della fatale eruzione del Vesuvio del 79 d.C., quando Pompei fu completamente e definitivamente sepolta da una fitta pioggia di lapilli.
Pompei si estendeva per quasi 64 ettari e la sua popolazione era di circa 20.000 persone.
La pianta di regolarità geometrica della città fu sostanzialmente derivata dall’architetto e urbanista greco Ippodamo di Mileto. Ma la pianta di Pompei non si conforma alla rigida disposizione secondo angoli retti, e i blocchi non hanno dimensioni costanti che generalmente contraddistinguevano le opere di Ippodamo. Tuttavia, nonostante la mancanza di accuratezza, Pompei costituisce il primo esempio di pianificazione urbana sistematica in Italia. Architetti, progettisti e costruttori vissero il loro momento più felice ai tempi di Nerone, in conseguenza del terremoto del 62 d.C. Infatti, nel corso degli ultimi diciassette anni di vita della città furono chiamati non solo ad ampliare l’area di Pompei, ma anche a ricostruire i numerosi edifici che il terremoto aveva distrutto o danneggiato. Tuttavia ciò richiese molto tempo e i costruttori non portarono a termine il loro lavoro; i grandiosi progetti di ricostruzione degli edifici pubblici in molti casi non erano nemmeno stati avviati quando l’eruzione vesuviana del 79 dC ne provocò la totale cancellazione.
I visitatori sono sempre sorpresi nello scoprire quanto fossero strette la maggior parte delle strade dell’epoca. A Pompei erano larghe 2,4 o 3,6 o 4,5 metri, e la più larga di tutte misurava poco più di sette metri. Su entrambi i lati delle strade principali c’erano delle zone rialzate (marciapiedi) ma, poiché nel mezzo c’era l’acqua di drenaggio, tra loro venivano poste delle grosse pietre per consentire il passaggio dei pedoni da un lato all’altro della strada. In molti incroci si trovano fontane decorate con pietre scolpite che sormontano la vasca rettangolare in pietra. Le fontane, così come numerosi edifici, erano alimentate da tubazioni di piombo disposte sotto i pavimenti e che prelevavano l’acqua da grandi cisterne; raggiungeva le cisterne dalle colline dell’interno tramite un acquedotto che partiva da Serino, presso l’odierna Avellino, 26 chilometri nell’entroterra. Le mura di Pompei rappresentano uno dei più importanti sistemi di fortificazione di una città italica preromana giunti fino a noi. In essi si riconoscono non meno di quattro fasi costruttive. Nel corso del II secolo aC le difese furono ulteriormente rafforzate e infine, intorno al 100, furono aggiunte dodici torri.
Pompei aveva sette porte, cinque delle quali comunicavano con importanti strade esterne. Immediatamente fuori dalle mura si trovavano ampie aree adibite prevalentemente a cimiteri, poiché all’interno della città erano vietate sepolture e cremazioni. I rapporti tra i vivi e i morti erano molto intimi; alcune delle tombe più grandi erano dotate di una sala da pranzo e perfino di una cucina per i banchetti annuali previsti nei testamenti dei defunti.